giovedì, novembre 16, 2017

JUSTICE LEAGUE

Justice League
di Zack Snyder
con Ben Affleck, Henry Cavill, Gail Gadot, Ezra Miller, Jason Momoa
USA, 2017
gerere, azione, avventura, fantascienza, 
durata, 120'


A volte basta un film per cambiare la carriera di un regista. Nel caso di Zack Snyder l’anno della svolta è stato il 2009, quando la direzione di “Watchmen” gli ha permesso di diventare il plenipotenziario delle produzioni Warner legate all’universo DC Comics. L’aggettivo non è affatto abusato, avendo Snyder diretto ben 4 titoli tratti dai fumetti della casa editrice americana e, in veste di sceneggiatore, produttore e supervisore, coinvolto in vario modi in quelli - “Suicide Squad” e “Wonder Woman” - realizzati dai suoi colleghi. Senza dimenticarsi dei progetti che da qui ai prossimi anni lo vedono impegnato a sviluppare le avventure dei super eroi che ancora non hanno avuto la possibilità di debuttare sul grande schermo. Sotto questo profilo “Justice League” rappresenta un gustoso antipasto di ciò che verrà perché nella lega messa in piedi da Batman per arginare le forze del male trovano spazio le new entry di Acquaman, Flash e di Cyborg, destinati (almeno i primi due) nel prossimo futuro ad avere un lungometraggio a loro dedicato. Inoltre, in ottemperanza della regola che vuole ogni nuovo film di Batman e soci come segmento di un unico racconto, “Justice League” ha il compito di sciogliere la questione relativa alla morte di Superman, la cui dipartita, avvenuta al termine de  “Batman vs Superman: Dawn of Justice”, è usata da Snyder per giustificare l’ondata di violenza che all’inizio della storia investe Gotham City.


Alla stregua degli altri blockbuster anche “Justice League” appartiene alla categoria di quelle operazioni poco adatte a una valutazione tradizionale a causa di caratteristiche che trascendono il cinema e riguardano soprattutto le sinergie economiche collegate allo sfruttamento del film in altri settori di mercato. Se poi aggiungiamo che titoli come questo si rivolgono a una platea di giovanissimi, ai quali poco interessano gli aspetti di approfondimento e di coerenza così amati dagli esegeti della settima arte, si capisce subito che in questo caso la riuscita dell’operazione  deve essere misurata in termini di performance fisica e sensoriale. Da qui la prevalenza anche in “Justice League” di situazioni che permettono a Snyder di sfoderare le armi di sempre, che, da copione, hanno a che fare con le abilità guerriere e lo spirito di rivalsa necessari ai nostri per prevalere sulle forze nemiche. Nella bagarre generale e in controtendenza rispetto all’eversione ludica inaugurata da “I guardiani della galassia”, ciò che si nota in “Justice League” è la scelta di un’epica in cui non c’è posto per leggerezze e prese in giro. Come dimostra la chiusa finale affidata alla voce fuori campo di Gail Godot, la quale, nel rendere onore allo spirito di sacrificio dei compagni trasforma il suo discorso in un’orazione talmente solenne da risultare inadeguata persino per chi ha deciso di dedicare la propria esistenza alla salvaguardia del genere umano. Non serve lamentarsi per la ripetitività del copione che abbozza le psicologie anziché raccontarle come pure meravigliarsi di come la mancanza di fantasia si rifletta nella prevedibilità che scandisce le azioni delle parti in causa, perché a contare è l'accumulo di sensazioni, il moltiplicarsi dei personaggi e la velocità del montaggio. Tutte cose che di certo non mancano nel film di Snyder.
Carlo Cerofolini

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