lunedì, novembre 06, 2017

IL MIO GODARD


Il mio Godard
di Michel Hazanavicius
con Louis Garrel, Stacy Martin, Bérénice Bejo
Francia, 2017
genere: commedia 
durata: 102’

Il ritratto di una delle figure più importanti del cinema francese e mondiale, quella di Jean-Luc Godard, vista attraverso gli occhi dell'allora giovanissima moglie Anne Wiazemsky, il sessantotto, il maoismo, le proteste contro la guerra in Vietnam, ma soprattutto la storia d'amore appassionata e complicata, tra Anne e Jean-Luc. Tutto questo è raccontato da “Il mio Godard”.
Michel Hazanavicius dopo il fallimento di “The Search”, torna alla sua pratica cinematografica preferita: rivisitare un genere, offrendogli una nuova occasione di visibilità. Era accaduto con un grande e, in parte, inatteso, successo di pubblico per “The Artist” e non si sa quanto il miracolo possa ripetersi con questo “Redoutable” (è questo il titolo originale del film).
L'incertezza è dettata dal soggetto scelto: non molti, probabilmente, al di là dell'ambito della cinefilia, conoscono il cinema di JLG (come ha finito per essere chiamato da ammiratori e detrattori) e, in particolare, le opere che precedono e seguono il periodo preso in considerazione nel film.
Solo chi ne ha apprezzato o detestato l'opera può cogliere tutte le sfumature ironiche di un ritratto che nasce dall'autobiografia dell'allora giovanissima moglie Anne. C'è una consistente dose di odio/amore in questo film che si appropria degli stilemi dell'autore per sottolinearne le contraddizioni. Hazanavicius ammira il Maestro ma fondamentalmente detesta l'uomo, del quale mette in luce tutte le aporie. 


Godard in questo film appare come un borghese, costantemente impegnato ad affrancarsi dalla propria estrazione sociale, senza successo. Non sono tanto gli occhiali, che come un tormentone si ritrovano infranti, a sottolinearne una simbolica miopia nei confronti di chi gli sta vicino, quanto piuttosto le modalità in cui vorrebbe ingabbiare la relazione con Anne ad evidenziare questa condizione. La pervicacia con cui insiste sul vincolo matrimoniale, con annesse gelosie e desiderio di avere sempre la giovanissima consorte al proprio fianco, lo rappresenta come il più borghese dei borghesi. In questo film il regista si diverte a mostrare aspetti inediti del carattere di colui che rappresenta un punto di riferimento professionale, con una lettura a distanza di un periodo che, per ragioni anagrafiche, Hazanavicius non ha vissuto e del quale sottolinea più le ombre che le luci.
Riccardo Supino

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