sabato, ottobre 24, 2015

10 FESTIVAL DEL CINEMA DI ROMA - THE END OF THE TOUR

The end of the tour
Di James Ponsoldt
Con Jason Segel, Jesse Eisenberg
Usa, 2015
genere, documentario
durata, 106’


“… il grande mondo rotondo in realtà era il sogno vanaglorioso di un bambino”

D.F. Wallace, da “Il re pallido”


La problematica del fare un biopic di finzione, ad oggi, consiste nella forza del punto di vista che il regista decidere di adottare nell’andare ad inquadrare il personaggio in questione. Oltre a registrare, a tal proposito, una pressoché sparsa superiorità della maniera del documentario (sulle nostre pagine, della suddetta questione, se n’era già parlato circa “Freeheld”), riguardo al discorso cui facevamo cenno risulta interessante la comparazione tra un film biografico recente come “Life” di Corbijn – dove il regista, nel tratteggiare la figura di James Dean, aveva fatto proprio lo sguardo del fotografo Dennis Stock – e “The end of the tour”: l’operazione è simile, in quanto qui si assume il punto di vista di David Lipsky, giornalista della rivista "Rolling Stones" che aveva seguito ed intervistato Wallace nel tour promozionale di “Infinite Jest”. Punto di vista che appare però assai debole, essendo la narrazione inscritta nel procedimento che va dalla conoscenza sospettosa tra i due, al litigio ed infine alla reale – o presunta tale – amicizia; ad aggravarne la debolezza s’aggiunge il tentativo d’inserire alcuni estratti decontestualizzati, all’interno del dialogare tra i protagonisti, di un’analisi ampia e complessa che D.F.W. aveva compiuto – e che all’epoca dei fatti narrati stava ancora compiendo – nel proprio lavoro narrativo e saggistico.

A non mancare, invece, oltre alla bellezza di alcune riprese messe in risalto dall’uso della pellicola, è il ritratto di un Wallace sempre in bilico, ciondolante nella camminata, restio al ciò-che-c’è-fuori – splendida la rappresentazione della casetta di legno isolata nell’Illinois e sommersa dalla neve – eppure immortalato nella consapevolezza di essere l’ennesima incarnazione della contraddizione americana, contraddizione che lui stesso aveva così lucidamente descritto.
Antonio Romagnoli

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