martedì, febbraio 04, 2014

VOCI ARTIFICIALI: IL CINEMA TRA DOPPIAGGIO E VERSIONI ORIGINALI


E' di pochi giorni fa la notizia che Scarlett Johansson protagonista di "Her", il film di Spike Jonze nelle sale italiane a partire dal 13 marzo, sarà doppiata dalla voce italiana di Michela Ramazzotti. Una scelta omologata alle abitudini di un paese notoriamente riottoso alla visione di film in lingua originale e sottotitolati, che però in questo caso ha sollevato le proteste di chi, sapendo della particolarità del ruolo interpretato dall'attrice americana -presente nel film attraverso la voce dell'intelligenza artificiale di cui si innamora Theodore, protagonista della storia - pretende di sentirne riprodotta l'avvenente sensualità vocale.

Avendolo visto in anteprima al festival di Roma non si può non concordare con l'alzata di scudi degli appassionati, ancora una volta costretti a rivolgersi alla rete per sopperire alla mancanza della versione americana. Lungi dall'essere un caso isolato, la questione del doppiaggio dei lungometraggi in lingua straniera ripropone la questione relativa all'integrità dell'opera d'arte cinematografica, secondo gli esperti inscindibile dalle sfumature di toni e di linguaggio operato dalla performance attoriale. 



Così mentre siamo qui a chiederci quale saranno le conseguenze, anche in termini di incassi al botteghino di un film rivolto ad una platea giovane e sofisticata, che l'inglese non solo lo conosce ma anche lo pretende, non ci aiuta il ricordo di un caso analogo accaduto in occasione della presentazione di  "Lincoln" di Steven Spielberg, costretto a pagare lo scotto di un passaggio di testimone che aveva assegnato a Gianluca Favino il compito di restituire le inflessioni e l'accento old american del personaggio interpretato da un Daniel Day Lewis in versione sciamanica. Una missione impossibile che depauperò non di poco l'efficacia di quel biopic, e che alla luce dei fatti più recenti (che dire per esempio di "Dallas Buyers Club" e di Matthew McConaughey dimezzato da un doppiaggio che riduce la sua performance all'evidenza della  fisicità perduta) fa pensare che sia giunto il tempo di cambiare le cose, con una programmazione mirata ad aumentare il numero di copie distribuite in versione originale. Magari sostenendo l'iniziativa non solo nelle sale d'essai, piccole e generalmente poco raggiungibili, ma anche in quei multiplex che rappresentano il luogo privilegiato dagli spettatori di domani. Incominciare a discuterne è il primo passo per invertire la tendenza.

1 commento:

Lidia ha detto...

Ciao Cinemaniaci, credo che un post del genere mancasse proprio, e tra le pagine dei blog di cinema non vedo spesso affrontare il discorso del doppiaggio. Una mancanza a cui ha cercato di sopperire la bella rivista on-line Asinc, che però pubblica raramente. Personalmente non so come si possa sostenere di fare critica cinematografica senza essere interessati ai doppiatori. per fortuna c'è un buon numero di persone come noi, tanto che il (confusissimo) blog di Antonio Genna è tra i più visitati d'Italia.
Personalmente credo che una fortissima inflazione della qualità del doppiaggio sia iniziata con la prepotenza di Mediaset e la nascita di giovani doppiatori "allevati" a Milano (la sciola romana -diciamolo- è inarrivabile). Sono una persona a cui piace sentire il film nella propria lingua, ma che pretende un doppiaggio curato, armonico e rispettoso (o anche inventivo, come quello di "Mio cugino Vincenzo"), ma penso che occorra seriamente ripensare alle scuole di doppiaggio sin dalle basi, e ad una scelta di doppiatori che voci più carismatiche, perchè quelli di oggi sono anonimi. Non so perchè ma mentre scrivevo questa lunga tirata ho sempre in mente i nomi di Nanni Baldini e Christian Iansante, che hanno doppiato Dr. Who, che pure è uno dei miei programmi preferiti.