martedì, marzo 04, 2008

Sogni e delitti

Forse influenzato dalle storie di Jack lo squartatore oppure perché avvicinandosi alla fine il pessimismo è più che mai insopprimibile, sta di fatto che il nostro omino realizza e cosi conclude la sua avventura londinese lasciandoci l’amaro in bocca (per la cupezza della vicenda e non per la qualità sempre alta del suo cinema) con questa storia che sancisce la definitiva dicotomia tra materia e spirito, tra sogno e realtà, tra darwinismo sociale ed etica religiosa attraverso una storia che manco a farlo apposta sembra riecheggiare l’amletico dubbio "Essere o non essere" presente nell’ essenza dei due protagonisti (il cui ineluttabile destino suona come i "passi di un uomo morto" del protagonista de "La fiamma del peccato"), quello dalla faccia pulita quanto letale, interpretato da Mac Gregor, deciso ad essere ed ad andare fino in fondo per possedere le cose che desidera (anche la presunta Dark lady, trattata alla stregua delle costosissime macchine con cui le si presenta, si rivelerà migliore, innamorandosi di lui), e l’altro, fragilmente ruvido in un modo che riporta alla memoria le vertigini esistenziali del mitico James Dean, che sceglie di non essere, e si tormenta con rimorsi di coscienza e consapevolezze fuori dal tempo, in un ruolo che Farrel sembra costruire sulle proprie vicissitudini private.
Allen, forse ricordandosi del suo capodopera Ombre e Nebbia,, sembra ribadire che la cosa più pericolosa, quella che ci manda letteralmente in tilt ed in definitiva produce il caos in cui siamo immersi non stà nel disconoscere la differenza tra bene e male, ma piuttosto nel continuare ad agire senza una posizione chiara rispetto a questi due parametri. In tal senso la fine è ormai nota ed è per questo che l’interesse del regista si concentra nella caretterizzazione dei personaggi e degli ambienti, ancora una volta eccellenti, grazie ad una direzione di impareggiabile carisma ed una sceneggiatura che come al solito non perde mai il filo del discorso ed è capace di definire, anche con poche battute (alla faccia del famoso discorso logorroico) tutti i personaggi che vi partecipano. W Zigmond (Black Dhalia) da spessore alle atmosfere colorando gli ambienti con toni chiaro scuri ed arricchendole sequenze con movimenti di macchina appena necessari (su tutti quello che ci impediscedi guardare nella sua interezza il conciliabolo in cui viene premeditato l’assassinio) ma capaci di sottolineare l’importanza del momento. Allen costruisce un noir anomalo (mancano gli intrecci della trama, l’interiorizzazione della vicenda da parte dei personaggi così come la pesenza di una donna traditrice) perché nella sua visione delle cose le costruzioni programmatiche non aiutano ed è solo il caso, qui rappresentato da un auto in panne ai margini della strada o dall’ennesima puntata sul tavolo da gioco, a stabilire il banco di prova per quella che chiamiamo la nostra coscienza.

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