mercoledì, febbraio 27, 2008

Lo scafandro e la farfalla

"Ho appena scoperto che a parte il mio occhio ho altre due cose che non sono paralizzate: la mia immaginazione e la mia memoria". Questa battuta del protagonista a mio avviso riassume il senso del film, la sua impostazione scenica e l'emozione centrale che lo attraversa. Schnabel trova la chiave intepretativa vincente per racontarci la storia straordinaria di Jean Dominique Bauby, un uomo coraggioso, vitale e di sorprendente ironia, che ha affrontato un destino cinico e perverso con lucidita' e poesia, con la forza dell'amore per la vita e una dose irrinunciabile di humor.
Dopo il bell'esordio di "Prima che sia notte" (con uno Javier Bardem molto ispirato) e la delusione di un "Basquiat" venduto allo star system (le premesse erano ottime, il cast tirato a lucido e di grande spicco, la regia di molto visionario talento, ma il risultato fu un lungometraggio superficiale e un po' specchietto x le allodole....) Julian Schnabel ritorna in grande forma per parlarci di uomini, di vita e di poesia.
Colpito da ictus all'eta' di 43 anni, Jan Dominique Bauby, aiutato da un team di infermieri, fisioterapisti, ortofonisti e medici di eccellente livello professionale e soprattutto umanita', riesce a trascorrere l'ultimo anno di vita con grande coraggio e forza, combattendo contro un male feroce, nonostante la condizione di vita vegetativa quasi assoluta nella quale si ritrovò costretto a vivere e la quasi totale incomunicabilita'.
Per evadere da questa trappola si aggrappa ai suoi pensieri, alla memoria, alla fantasia (tutte meravigliose farfalle) e ricomincia a vivere intensamente e con verita' i giorni, le gocce di ore, le microparticelle emozionali dei minuti, nella sorpresa personale di assaporare sensazioni mai provate.
Bauby - e' innagabile - ha molto sofferto ma ha anche saputo utilizzare quello stato di blocco per rileggere la propria vita e scoprirne il lato nascosto, la linfa autentica che la ha attraversata.
"Ero cieco e sordo" dice a se stesso ad un certo punto.
Nonostante i successi nella vita professionale e le altalene emotive con donne bellissime e figli stupendi, Bauby si rese conto di come non era riuscito davvero a vivere con senso autentico e di quanto in realtà si fosse trascinato tra le cose.
L'uomo Bauby prende coscienza di se' e trova l'energia per compiere atti straordinari in una condizione fisica allucinante. E proprio durante questa prigionia sommersa scrive un diario bellissimo di se stesso (diario dal quale e' trato il film).
Schnabel riprende gran parte delle sequenze in soggettiva e utilizza il suono come principale mezzo esplicativo delle scene e delle emozioni. Il montaggio aiuta motlo bene a ricostruire il passato ed a dipanare il presente.
Un film molto visivo, di intense sensazioni, molto immaginario, fantasioso. Molto Schnabel, direi. E certamente molto Bauby.
Dopo il film ho letto il libro e ho potuto apprezzare a tutto tondo l'eccellente lavoro registico e di sceneggiatura.
E ho acquistato "Il conte di Montecristo": ma solo vedendo il film capirete il perche'!
Il film perfetto, che avrei tanto voluto saper scrivere.
Bella la colonna sonora, bella la fotografia.
Molti direbbero "certo, con un soggetto non originale così forte, bello e pronto da utilizzare, non si può sbagliare". Ed invece direi che sta proprio li' la difficolta', nel mettere in scena una storia cosi' intensa e di profondo insegnamento. Il rischio che si corrre è quello di sminuire tutto, di renderlo melenso, patetico, clichè.
Schanbel dirige sopra le righe, sopra le regole.

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